C’è una parola che si infila quasi ogni giorno tra le mie cose da quando sono tornata dal mio viaggio in Sudamerica: empatia.
Una parola, un’azione, un modo di essere. Letteralmente vuol dire mettersi nei panni dell’altro. Comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, senza far ricorso alla comunicazione verbale. E sembra che questa capacità non sia molto sviluppata negli umani dell’emisfero boreale.
La foto che dà colore all’articolo è stata scattata da me il giorno di ferragosto ad Arequipa, la ciudad blanca – la città bianca, per via del colore della pietra con cui sono costruite le sue abitazioni – Patrimonio dell’Umanità, nel Sud del Perù.
Tutte le donne – mamme – andine che ho visto in viaggio portavano il bambino in fascia, è stato un fotogramma ricorrente per tutti i chilometri che ho macinato nelle Ande. E ho pensato a lungo al potere del contatto. Al calore umano che si genera da questo modo di vivere, e al culto della madre terra che c’è in questa parte di mondo.
Per una madre è importante tenere sulla pelle il proprio figlio, sentirlo sulla schiena, avere le sue gambe acciambellate ai fianchi. Fianchi che chiamiamo vita: madre e figlio stretti alla vita. E per un figlio deve essere educativo sentirsi il calore della propria madre addosso, essere a contatto con lei sempre. Mentre guarda il mondo in strada – conoscerlo insieme a lei –, mentre fa la spesa, quando vende i tessuti al mercato o aspetta la corriera. L’osservazione del mondo dalla schiena della mamma arriva come filtrato, e il bambino lo guarda tenendosi al riparo, lo conosce senza aver paura. E questo aiuta la costruzione dell’emotività.
Sentendo il calore, il bambino non richiede altro, non avrebbe senso il resto.
In quei giorni in Perù mi sono chiesta più volte se noi europei vivessimo nella parte di mondo più felice, se non fossero loro, i popoli dell’emisfero Sud, a sapere cosa voglia dire la felicità, pur non avendo altre ricchezze all’infuori del sole, della limpidezza del cielo, dell’aria rarefatta. Me lo sono chiesta a fondo.
Il Perù e la Bolivia sono i paesi più poveri del Sudamerica; e se mi sforzo, non ricordo di aver incontrato in quei giorni d’agosto persone con lo sguardo gelido, il tono di voce tecnico, i muscoli tesi.
L’empatia è l’assenza di quel muro invisibile che edificano gli umani tra loro.
Si sente al momento dell’abbraccio.